Bem-aventurado aquele que lê, e os que ouvem as palavras desta profecia, e guardam as coisas que nela estão escritas porque o tempo está próximo. Apocalipse 1.3.
Quando fu deciso che noi salpassimo per l'Italia, Paolo e alcuni altri prigionieri furono consegnati a un centurione di nome Giulio, della coorte Augusta.
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Saliti su una nave di Adramitto, che doveva toccare i porti sulle coste dell'Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, un macedone di Tessalonica.
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Il giorno seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, usando umanità verso Paolo, gli permise di andare dai suoi amici per riceverne le cure.
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Essendo poi partiti di là, navigammo al riparo di Cipro, perché i venti erano contrari.
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Attraversato il mare a ridosso della Cilicia e della Panfilia, arrivammo a Mira di Licia.
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Il centurione trovò qui una nave di Alessandria, che faceva vela per l'Italia e ci fece salire.
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Navigando lentamente per molti giorni, giungemmo a stento di fronte a Cnido per l'impedimento del vento; poi prendemmo a navigare al riparo di Creta, al largo di Salmone.
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E, costeggiandola con grande difficolta, giungemmo in un certo luogo chiamato Beiporti, vicino al quale era la città di Lasea.
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Ora, essendo già trascorso molto tempo ed essendo la navigazione divenuta pericolosa, poiché il digiuno era già passato, Paolo ammoní quelli della nave.
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dicendo: «Uomini, io vedo che la navigazione si farà con pericolo e grave danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre persone».
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Ma il centurione aveva maggior fiducia nel pilota e nel capitano della nave che nelle cose dette da Paolo.
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E poiché quel porto non era adatto per svernare, i piú furono del parere di salpare di là per cercare di arrivare in qualche modo a Fenice, un porto di Creta, esposto al libeccio e al maestrale, e passarvi l'inverno.